Chi è il vero eroe? Cosa significa diventare adulti? Quale il fascino della condizione mortale?
Sono solo alcuni degli avvincenti temi trattati dallo scrittore Alessandro D’Avenia, durante l’incontro tenutosi venerdì 23 febbraio, con le classi quarte e quinte dell’I.I.S. “A. Volta”. Nell’auditorium “G. Bufalino” gremito di studenti e docenti, D’Avenia ha letteralmente catalizzato l’attenzione degli astanti, catturati dalle riflessioni espresse dallo scrittore e soprattutto dal suo stile comunicativo carismatico e coinvolgente. Fil rouge dell’incontro l’Odissea omerica, poema senza tempo, che narra il viaggio di Ulisse come metafora dell’esistenza in tutte le sue sfaccettature, tema portante di “Resisti, cuore” ultima pubblicazione di D’Avenia, edita da Mondadori. L’opera è quella prescelta quest’anno per il “Progetto lettura” attivato al “Volta” e coordinato dalle docenti Adriana Valenza, collaboratrice della Dirigenza, Ilaria Castiglione e Daniela Giacchetto, entrambe responsabili del Dipartimento di materie letterarie.
L’evento è stato aperto dal Dirigente scolastico Vito Parisi che, dopo aver ringraziato D’Avenia e le tre docenti coordinatrici dell’attività, ha trattatodel ruolo fondamentale della lettura in questa epoca di aridità spirituale, evidenziando il valore educativo di uno dei leitmotiv dei libri dello scrittore: la fragilità, vista come peculiarità della condizione umana e occasione di crescita autentica. A seguire la prof.ssa Valenza ha ringraziato Fabrizio Piazza della libreria palermitana Modus vivendi per aver reso possibile l’incontro conD’Avenia, sottolineando l’ importanza dell’evento, il cui protagonista è uno degli scrittori di ultima generazione più famosi e letti dal pubblico giovane e meno giovane.
Presa la parola, D’Avenia innanzitutto è sceso in platea per un concreto coinvolgimento degli studenti, e ha esordito celebrando l’unicità dell’essere umano nella lunghissima evoluzione dell’Universo: contrariamente alla cultura dominante, che assimila l’individuo a una “macchina” e considera ogni suo piccolo errore come un grave fallimento, l’Ulisse omerico, ha sottolineato D’Avenia, ci dimostra che “la vita è un’odissea” e che il privilegio dei “mortali” deve essere quello di fare esperienza di vita e sbagliare. Infatti solo in questo modo ogni individuo può dimostrare la propria personalità unica e irripetibile, priva delle “maschere” e dei condizionamenti, rappresentati dalle aspettative altrui e dagli stereotipi culturali.
Efficacissime in proposito le argomentazioni usate dallo scrittore, quali il viaggio di Telemaco che parte alla ricerca del padre, affrontando una prova decisiva che segnerà il confine tra adolescenza ed età adulta; e ancora le paure croniche, tipiche degli adolescenti odierni, dei fallimenti scolastici, degli esami di maturità e delle scelte da compiere per il proprio futuro; ultima argomentazione l’etimologia del termine “maturo” come “colui che giunge a tempo opportuno”, con cui D’Avenia ha così introdotto il tema dell’uso del tempo, la cui labilità non deve essere vista negativamente dai “mortali”, i quali devono anzi vedere in questa uno stimolo a vivere con pienezza e consapevolezza ogni singolo giorno con tutte le sue esperienze. Secondo lo scrittore, il sapere di dover morire, proprio come è successo ad Ulisse, segna la differenza tra “vivere” e il semplice “essere vivi”, poiché la vita, con le sue regole, impone delle scelte e delle responsabilità, come dimostra il lungo e rischioso viaggio di Ulisse che, eroicamente e consapevolmente, rinuncia all’immortalità promessa dalla ninfa Calipso, per ritornare a Itaca, dalla sposa Penelope. Infatti è solo nella sua patria e presso i suoi cari che l’eroe ritrova se stesso e la propria identità di uomo, accettando le sofferenze e tutti gli aspetti connessi alla condizione mortale: la libertà di amare ed essere amato, quella di scegliere per chi e per che cosa vivere e morire.
D’Avenia ha dunque collegato l’etimologia di “eroe” con quella di “eros”, cioè di colui che vive la vita in base alle proprie passioni e, coerentemente con le proprie scelte e con i propri ideali, rischia la vita “in mare aperto”.
Lo scrittore ha poi introdotto un altro tema ricorrente nelle sue opere, quali il ruolo del docente, professione che lui stesso esercita, e il rapporto con gli studenti: particolarmente emozionante in proposito il ricordo di Don Pino Puglisi, assassinato dalla mafia nel 1993, proprio mentre era insegnante di Religione dello stesso D’Avenia.I docenti, proprio come gli dei dell’Odissea omerica, devono assumere la funzione di mentori, per consentire agli allievi, proprio come Mentore a Telemaco, di scoprire la vocazione posseduta e a cui sono chiamati. E cos’è la vocazione, se non il coniugare il piacere con il dovere? Scoprirla è come un dono divino e pertanto ad ogni studente che, nella seconda parte dell’incontro, si è presentato per porgli qualche domanda, D’Avenia ha chiesto quale fosse la “vocazione” che ognuno sentiva, rievocando anche la fase delicata in cui lui stesso, conseguita la maturità classica, si è trovato a dover scegliere tra gli appassionanti studi letterari e quelli di odontoiatria di tradizione familiare.
Lunghissima la fila degli studenti desiderosi di porre a D’Avenia domande o spunti di riflessione, inerenti o a qualche concetto espresso in “Resisti, cuore” o alla sua vita personale e alla sua attività di scrittore. Esaustive e sempre personalizzate le risposte, piacevolmente documentate da interessanti etimologie e da simpatici aneddoti sagacemente narrati da D’Avenia, tratti dal suo percorso liceale o dalla sua esperienza di docente.
Ne è risultato un dialogo vivace e costruttivo, che, come affermato dal Dirigente Parisi nel suo intervento conclusivo, ha dimostrato l’importanza dell’ascolto attivo e del confronto tra giovani e adulti, confronto arricchito dal fascino indiscusso dell’Odissea omerica, e dalla rilettura coinvolgente ed emozionante che D’Avenia ha saputo compiere in “Resisti, cuore”.
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